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“E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”, incontro-confronto con i beneficiari del S.A.I. Solopaca

“E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”, incontro-confronto con i beneficiari del S.A.I. Solopaca

17 Marzo 2023 | by redazione Labtv
“E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”, incontro-confronto con i beneficiari del S.A.I. Solopaca
Attualità
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“E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”. E’ questo il titolo con cui si presenta all’esterno la campagna di comunicazione contro le discriminazioni portata avanti dalla Cooperativa San Rocco, Ente attuatore del Progetto S.A.I. Solopaca (Benevento), in collaborazione con gli istituti di istruzione LES (Liceo Economico Sociale) e il Telesi@. Nell’ambito di tale campagna mercoledì 15 marzo 2023 si è svolto a Solopaca, presso l’aula consiliare del Comune di Solopaca, un laboratorio di confronto contro i pregiudizi e gli stereotipi.

I beneficiari S.A.I. hanno raccontato la loro storia agli studenti del LES dando vita ad un confronto a più voci che ha inteso spezzare i pregiudizi e sensibilizzare sulle motivazioni che spingono tanti giovani migranti a soffrire fame e privazioni rischiando in mare la propria vita pur di approdare nel nostro Paese.

Tante le storie raccontate. Innanzitutto quella di Irene che viene dalla Costa D’Avorio: ha subìto molte violenze in Algeria e poi in Tunisia e pur di raggiungere l’Italia ha sfidato la morte via mare su un barcone con 26 persone. Qui in Italia ha riacquistato la dignità. “Vorrei far venire qui le mie figlie – dice – e dare loro un futuro diverso dal mio”.

Florence, anche lei viene dalla Costa D’Avorio, lì lavorava come commerciante, è fuggita perché stanca di tutte le violenze subite dal marito, violenze che l’hanno portata ad abortire all’ottavo mese di gravidanza. Ha deciso di venire in Italia con un barcone dalla Tunisia, ma le sue figlie le ha dovute lasciare in Tunisia, dove ad oggi vengono discriminate e costrette a non uscire di casa. Il suo sogno è riaverle un giorno con sé.

Jewel dal Bangladesh, la povertà lo ha portato a lasciare il suo Paese. Dall’Iraq all’Iran e poi in Turchia dove è arrivato a piedi. Tanti maltrattamenti ed episodi di discriminazione e sfruttamento. Insieme a 160 persone è finito nelle mani di un mediatore che li ha sfruttati con la promessa di portarli in Italia. Dopo privazioni di ogni genere è stato imbarcato insieme ad altri per l’Italia. Qui a Solopaca studia e vorrebbe costruirsi una vita migliore.

Makan viene dal Mali, lì ha lasciato la sua mamma ammalata. Anche i suoi fratelli sono scappati da lì perché minacciati di morte dai guerriglieri. “Dal Mali in Algeria e poi in Libia, lì ho vissuto un nuovo inferno. Non auguro a nessuno di vivere così. Poi finalmente, con l’aiuto di una persona per cui ho lavorato, sono riuscito a salire su un barcone diretto in Italia. A Solopaca ho ritrovato una nuova possibilità di vita, studio e voglio trovare un lavoro”.

Nofemia era perseguitata politicamente nel suo Paese di origine, La Costa D’Avorio, dove ha lasciato la madre e la sorella di cui non ha più notizie dopo che sono state aggredite e violentate. All’incontro con gli studenti del LES ha raccontato le testimonianze di molti altri uomini e donne che come lei hanno sfidato la sorte e rischiato la morte per arrivare in Italia. Una testimonianza la sua che ha provato a chiarire le motivazioni che spingono a intraprendere un viaggio così duro e pericoloso: i lavori forzati, le persecuzioni politiche, motivi economici, violenze di ogni genere patite nei loro Paesi d’origine.  “Siamo costretti ad affrontare un viaggio difficile – racconta Nofemia – per raggiungere l’Italia. Un viaggio che può portare all’inferno, alla morte nel mare ma anche al paradiso, ad una nuova vita qui in Italia. Molti di noi sono costretti a subire maltrattamenti e sfruttamenti per mesi se non per anni, molti vengono rinchiusi in prigione e subiscono torture. Quando riusciamo a fuggire dalla prigionia ci attende il mare che inghiotte tante vite. E per chi arriva qui la normalità è rappresentata da disturbi da stress, segni fisici e mentali indelebili”.

Tutte storie che hanno toccato nel profondo i partecipanti e che hanno aperto un confronto costruttivo in grado di arricchire gli studenti come gli stessi beneficiari S.A.I. che hanno potuto allontanare l’indifferenza che troppo spesso rende marginali le loro straordinarie storie di vita.

Nuovi incontri nell’ambito della stessa campagna di comunicazione sono previsti il 21 e il 24 marzo prossimo.

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