Nicola Sguera come Socrate e tutti gli altri, quanto meno chi non si rassegna alla sua decisione di lasciare il Consiglio, in veste di Critone. Ricorrere a Platone, quando si trattano le vicende di un professore di filosofia prestato alla politica, appare quanto mai opportuno. E come Critone tenta invano di convincere Socrate a scappare dal carcere e riparare ad Abdera per sfuggire alla infame condanna dell’Areopago e Socrate tira in ballo i Nomoi che mal digerirebbero un tradimento inaudito e ingiustificabile, così Nicola resiste all’opera di convincimento di chi ritiene che la sua sia una scelta sbagliata. Nicola rifiuta ogni digressione manichea e parla del “daimonion”, un oracolo interiore che induce a non tenere comportamenti che non si addicano alla virtù. Critone, alla fine, si rassegna sopraffatto dalla fermezza di un interlocutore che non potrebbe mai ovviare alle sue certezze e non tradirebbe mai le leggi della Città, sia pure inique, espressione di un potere feroce. Così, si rassegna anche chi ha sperato in un ripensamento di Nicola, inimmaginabile per chi lo conosca anche sommariamente. Ora, dello Sguera interista, l’altro, Vizzi, ha una fede irripetibile, si può avere l’opinione qual si voglia ma nessuno potrà mai negargli l’ardore di chi crede fortemente nelle battaglie ingaggiate. Quella del Movimento l’ha vissuta totalmente e mettendoci la faccia. La banacarella social lo ha atteso al varco e non sono mancate le stilettate di coloro che ora gli rinfacciano con cattiveria tutto quanto quell’ardore profuso sotto forma di strenua difesa del grillismo. Personalmente non ci sto. A Nicola va tributato quanto meno l’onore delle armi anche perchè mi risulta l’unico che sia stato capace di mettere sul tappeto l’intera posta, senza ipocrisie. E deve essergli costato un botto. Certo non è un asso in fatto di scelte politiche attive ma lo sublima l’innegabile fede nelle proprie idee e di questi tempi non è cosa da poco.
