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Congresso PD, la rilfessione di Italo Palumbo

Congresso PD, la rilfessione di Italo Palumbo

22 Novembre 2022 | by redazione Labtv
Congresso PD, la rilfessione di Italo Palumbo
Politica
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Riceviamo e pubblichiamo nota stampa di Italo Palumbo del Pd sannita

Vogliamo con forza e determinazione svolgere un congresso che cambi sostanzialmente il volto del Partito Democratico che sia in grado di affascinare coloro che da tempo non si riconoscono né negli uomini né nel programma politico. Non si tratta di fare scelte generazionali ma di scelte di sostanza che devono essere effettuate partendo da un completo rinnovamento della classe dirigente nazionale. Il posizionamento di queste ore mi appare, da parte di alcuni dirigenti responsabili dello sfascio, più come un volersi ritagliare una nuova identità politica e personale che non come un contributo alla fase politica che il congresso richiede, per rinnovare la politica del Paese.

Individuare le nuove generazioni, strumentalmente, come elemento di discontinuità mi sembra una ipocrisia, e a maggior ragione mi sembra tale se questa scelta è accompagnata e sostenuta da una classe dirigente nazionale che ha fallito sul piano politico, ha creato contrasti importanti in interi territori del Paese, ha mortificato il partito nelle sue articolazioni territoriali ed ha costruito per sé, per amici e parenti una prospettiva di carrierismo politico. I giovani sono presenti nel partito con le loro idee e con le loro specificità e non sono, per quanto ritengo, ammaliabili da sirene che ormai hanno scoperto ampiamente le stonature dei propri messaggi.

I giovani devono credere nel partito e non nelle correnti che si determinano e che rappresentano corporativismo e stroncamento di tanti entusiasmi. Spesso alla viglia di un congresso si costruiscono artificiosamente geografie politiche di chi e più moderato e chi è più di sinistra. La definizione di chi è più di sinistra o moderato nel partito mi sembra essere uno slogan di campagna elettorale. Molti di noi hanno sensibilità diverse su singoli problemi, tali da non essere incanalati, pedissequamente, in carrozzoni costruiti strumentalmente ad arte dove sostanzialmente vive di tutto, spesso anche posizioni completamente estranee alla storia dei partiti progressisti.

In questi anni, nel partito, non mi sembra che siano state sufficientemente manifestate le differenze presenti all’interno del gruppo dirigente nazionale che è rimasto sostanzialmente appiattito sulla conservazione di se stesso.  Si è determinata una frattura enorme tra il gruppo dirigente nazionale e molti territori che sono stati completamente ignorati e spesso mortificati. Io credo molto nel valore di rappresentanza politica dei territori, vissuta in primo luogo dai sindaci e dalle istituzioni locali. Credo che va valorizzato il lavoro che quotidianamente essi svolgono, ma nel contempo bisogna dire con chiarezza che molti di loro (non mi riferisco alla realtà sannita) riservano la propria azione politica esclusivamente al proprio ruolo, sottraendosi da una partecipazione attiva nel partito e nel dibattito politico di interesse più generale,  facendo mancare una loro importante interlocuzione sulle scelte nazionali e sullo scontro politico che quotidianamente si svolge su questioni fondamentali di vita collettiva.

Bisogna rafforzare il rapporto politico tra gli eletti e il partito, sapendo che il giudizio degli elettori e dei cittadini sarà la sommatoria delle diverse esperienze, territoriali e nazionali che devono essere percepite dai cittadini come una seria azione di rinnovamento della politica e dell’etica, oltre a quella fondamentale di difendere i diritti acquisiti e di proporne di nuovi nell’interesse delle classi più emarginate ed esposte alla povertà del nostro paese. Essere di sinistra, per me significa governare bene nell’interesse di tutti, e soprattutto degli ultimi, dei diseredati e delle nuove povertà, senza protagonismi individuali o rappresentazione di sé stessi, spesso forieri di sconfitte sonore, come avvenuto in Campania. C’è un’esperienza che altrove, in altre regioni storicamente governate dalla sinistra, produce risultati sul piano politico e sociale che non è di un solo uomo al comando, ma di una collettività solidale, fattiva e produttiva che costruisce e rinnova nell’interesse dei cittadini. Quello mi sembra un metodo da introdurre per un rinnovamento reale del partito nazionale, togliendo a chiunque sarà il segretario (ad ogni livello) il diritto di fare scelte individuali e non preventivamente socializzate. Bisogna costruire e rinnovare politica e uomini.

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