Un “cameragno” alla guida politica del Conservatorio di Benevento. Nazzareno Orlando, e chi sennò, con quel soprannome che gli fu affibbiato in un’epoca lontana da Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni e che ormai per lui è una sorta di marchio di fabbrica, ha salito stamattina le scale di Palazzo De Simone in una sorta semiufficiale di investitura ed ha incontrato il suo alter ego, il direttore Ilario e il collegio dei revisori per un primo rendez-vous di prassi di non breve durata. E questo la dice lunga circa l’impostazione che Orlando intenderà dare al suo triennio
Per Orlando questa nomina ministeriale, senza dubbio di matrice politica ma senza il cappello pesante dei partiti, ai quali non dispiacerebbe cavalcarne l’incredibile ondata popolarità espressa da più parti al suo indirizzo, rappresenta il ritorno sulla scena pubblica a 15 anni di distanza dalla sua uscita, un ritorno che lo stesso presidente commenta con seraficità, senza eccessiva enfasi, quasi con aristocratico distacco lasciando trapelare quella esigenza di autonomia necessaria a svolgere il triennio senza condizionamenti eventuali ma nell’esclusivo interesse della città.
A partire dalla necessità di ripristinare un certo ecumenismo culturale, una sorta di trasversalità di cui la città sente un improcrastinabile bisogno alla luce di questi anni pregni di autorefenzialità e venati di solipsismo a tutti i livelli.