Cornutone, O Ricuttar Nnammurat, Albachiava. Pensate che si sia usciti di senno? Ma per nulla. Sono solo alcune delle canzoni degli Squallor, al secolo, Bigazzi, Pace, Cerruti e Totò Savio che aul finire degli anni 70 si inventarono un repertorio quasi blasfemo per l’Italia parruccona e benpensante dell’epoca ma anche attraversata da una congerie politica di altissima tensione ed innervata da fermenti di innovazione potentissimi.
Insomma, non è un caso che musicisti e poarolieri di grandissima qualità intendessero anche divertirsi in produzioni diciamo borderline. E allora il turpiloquio di quel repertorio diventa invece sinonimo di rottura culturale e forse pure politica, i quattro inorridirebbero a questa deduzione, ma al netto di tutto quei quattro hanno contraddistinto un’epoca senza grancassa televisiva ma contando sulle radio come mezzo di diffusione potente benchè al principio della loro liberalizzazione.
Qui da noi è Francesco Tuzio che, sull’onda di una vena artistica e immaginativa ispirata, ha inteso inventarsi anche una serata totalmente dedicata ai quattro Squallor, idea che ha presentato nel retrofoiyer del San Marco in una conferenza stampa impreziosita dalla presenza di Nazzareno Orlando, il Conservatorio è partner di questa iniziativa con i musicisti che daranno vita alla serata del 24 ottobre, e dell’assessore alla Cultura del Comune Antonella Tartagli Polcini
Una similutiudine tra Squallor e Inferno della Poesia Napoletana? Per il direttore artistico Gennaro Del Piano l’accostamento è possibile ma lontana è l’epoca che divide le due esperienze. Tuttavia, ad unire i due filoni è l’arte della trasgressione e il considerare di valore artistico anche il più viscerale ricorso alla parola forte e socialmente inaccettata. Del Piano ritiene addirittura dadaista il riferimento artistico degli Squallor.