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Raccolte 9.518 firme da Cittadinanza Attiva contro privatizzazione acqua

Raccolte 9.518 firme da Cittadinanza Attiva contro privatizzazione acqua

14 Dicembre 2023 | by redazione Labtv
Raccolte 9.518 firme da Cittadinanza Attiva contro privatizzazione acqua
Attualità
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Cittadinanzattiva Campania Aps, con le sue 32 realtà territoriali, ha raccolto, su tutto il territorio regionale 9.518 firme a sostegno di una petizione che chiede di valutare il ritiro in autotutela della delibera Giunta Regionale 312 del 31 maggio 2023.

Delibera che, di fatto, privatizza l’acqua alla fonte benché in una parte percentuale.

La Giunta ha dato indirizzo agli uffici competenti di avviare la predisposizione degli atti propedeutici: – “alla costituzione di una società mista pubblico- privato con maggioranza pubblica e nella forma di una S.p.A.” per la gestione della Grande Adduzione Primaria di interesse regionale; ” all’affidamento a società mista per la scelta del socio privato della gestione del servizio idrico integrato della Grande Adduzione primaria di interesse regionale”.

In poche settimane sono state raccolte 9.518 firme che saranno consegnate oggi all’Assessore Fulvio Bonavitacola da una delegazione di Cittadinanzattiva Campania Aps guidata dalla Coordinatrice regionale consumatori Angela Marcarelli.

Ci supportano, nel nostro percorso, anche le numerose delibere di consigli comunali e delle Province della Campania che, seguendo l’esempio del Consiglio Comunale di Napoli, stanno deliberando a favore della revoca della DGR 312/23.

Il tentativo di privatizzare l’acqua arriva da lontano anche se resta chiara e definitiva la volontà dei cittadini che l’acqua resti sempre gestita da soggetti totalmente pubblici. Nel 2008 con l’art.23 bis del D.L. 112/2008 il governo imponeva l’affidamento ai privati dei servizi locali ma con il referendum del 2011 la norma è stata abrogata con una maggioranza plebiscitaria.

Sul quesito specifico relativo all’acqua, con il quale veniva chiesto di esprimersi sul comma 1 dell’art.154 del Decreto Legislativo n.152 del 3 aprile 2006 che prevedeva l’inserimento nella tariffa idrica della “adeguata remunerazione del capitale investito”, la maggioranza assoluta degli aventi diritti al voto si è espressa in modo netto e assolutamente univoco: “no alla privatizzazione dei servizi” e “no al profitto sulla gestione dell’acqua”.

La strada della gestione privata dell’acqua è stata completamente e definitivamente sbarrata in quanto il legislatore non può riproporre, né formalmente né sostanzialmente, le disposizioni abrogate dagli elettori con lo strumento referendario neanche in modo velato come accaduto nella trattazione del d.d.l. 2021 sulla concorrenza ed il mercato che, ipotizzando la privatizzazione sistematica dei servizi di acqua potabile, trasporti e rifiuti, oltre a porsi in aperta violazione dell’esito dei referendum del 2011, si era spinta fino al punto da piegarsi alla logica del profitto sui servizi essenziali.

La Regione Campania con Decreto della Giunta Regionale n.312 del 31.5.2023, in netta contrapposizione e disattendendo il quesito referendario del 2011, prevede l’istituzione di una società mista, a cui affidare la gestione servizio idrico della Grande Adduzione Primaria di interesse Regionale, ad una società mista pubblico – privato dove il privato deve garantire l’anticipazione del finanziamento di opere a proprio carico salvo garantirsi il recupero di tale anticipazione su base pluriennale. Si privatizza, di fatto, l’acqua alla fonte.

È allarmante la dichiarata esigenza dei fondi privati per garantire ed assicurare l ’“adeguata valorizzazione della proprietà pubblica -n.d.r.- infrastrutture Grande Adduzione di demanio Regionale” cosi come e allarmante la necessità di delegare al privato, per almeno il 30%, la valorizzazione di una struttura strategica come la Grande adduzione di interesse regionale del servizio idrico integrato.

La Regione Campania con la delibera 312 dichiara di non essere in grado, come parte pubblica, di garantire la gestione dell’acqua alla fonte e di aver bisogno di fondi privati per la valorizzazione di un suo bene appartenente alla collettività. Cosi l’acqua, contro la volontà popolare, diventa un bene di consumo assoggettata alla concorrenza e al mercato.

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