Mastella solo contro tutti. Il sindaco e la sua sindrome da accerchiamento per cui ogni domanda, ogni puntualizzazione è recepita come un attacco personale, un attentato al suo prestigio personale. Mastella è oggettivamente diverso dagli altri sindaci che lo hanno preceduto, nel bene e nel male, e non potrebbe essere il contrario.
La statura del personaggio, il suo passato, lo rende altro, il non essere un sindaco, nella accezione classica del termine, lo porta a considerarsi immune da ogni critica. E allora se lo si provoca con Matteotti, poniamo il caso, lui reagisce di pancia accusando chi lo ha preceduto di non avere ottemperato per tempo e l’opposizione di essere prevenuta nei suoi confronti.
Un poco di ragione ce l’ha perchè la faccenda si trascina dal 1992, francamente troppo, ma è il gioco delle parti; laddove gli altri falliscono un altro sindaco, magari più acuto, ci coglie. Ma lui reagisce d’istinto e per la verità assai poco democristianamente e alla domanda opportuna di Peppe Di Martino de Il Mattino, che lo richiama proprio sulla questione Matteotti, lui replica nella maniera più mastelliana possibile e che cioè è colpa del Perifano giovane, che oggi lo incalza e che invece all’epoca votò a favore della intitolazione alla Divina Saggezza, lo stesso che oggi se la prende con lui.
Rimpiangeremo, forse, il Mastella style, che poi altro non è che la sublimazione politica della reazione dell’homo italicus, del quisque de populo, ad ogni contestazione lo investa, la ciambella di salvataggio in corner, le barricate in difesa per salvare il risultato esiguo. Egli interpreta meglio di Sordi l’indole dell’italiano piccoloborgehse e lo fa da 50 anni, ne conosce in nuce le peculiarità, è un maestro. Mastella campione assoluto di italianità.
