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Rete Sociale denuncia: la storia di Giggino tra diritti negati e sofferenza psichica

Rete Sociale denuncia: la storia di Giggino tra diritti negati e sofferenza psichica

1 Novembre 2025 | by Redazione Bn
Rete Sociale denuncia: la storia di Giggino tra diritti negati e sofferenza psichica
Attualità
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“La storia di Giggino: una delle tante …

Si chiama Giggino, soffre di disturbo psichico e la sua storia è diventata virale perché rivela che in Campania esistono ancora i “manicomi”.
Giggino abitava, infatti, in una civile abitazione: un gruppo di convivenza al centro del paese che gli permetteva di frequentare il bar e la parrocchia, di fare la spesa e di accedere a tutti i servizi essenziali che lo facilitavano nel suo percorso di inclusione sociale. E i benefici sul piano sanitario furono presto evidenti: riduzione dei farmaci e azzeramento dei ricoveri tramite TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Questo modello, insomma, è l’ABC di un servizio che risponde ai bisogni delle persone fragili secondo l’OMS e secondo le normative dello Stato Italiano. Ma non in Campania. Qui Giggino è stato brutalmente strappato dalla realtà di affetti e relazioni umane costruite con amore e fatica per anni, e portato in una struttura chiusa e sperduta in campagna nell’alto casertano, come un pacco, ignorando i suoi diritti e desideri. Come è potuto accadere? Che colpa ha commesso Giggino per essere rinchiuso? Nessuna. La colpa sta nella legge che in Campania ha imposto un limite di pochi anni ai PTRI o Piani Terapeutici Individualizzati come quello di cui ha usufruito Giggino. Cioè un limite di permanenza in strutture sociosanitarie o di supporto domiciliare che aiutano al reinserimento sociale, mentre consentono una permanenza illimitata in strutture accreditate psichiatriche più restrittive, in tutto e per tutto simili a manicomi: quelle, cioè, perfino con sbarre alle finestre, dove i pazienti vivono rinchiusi anche per 20 anni come carcerati colpevoli di reato.
Ciò obbliga i pazienti senza casa o famiglia a subire un percorso istituzionalizzante in strutture chiuse dopo avere assaporato il piacere della libertà in quelle aperte. Una soluzione cinica, paradossale, che fa fare al paziente “recuperato alla normalità” un cammino inverso, regressivo, non terapeutico perché come diceva Franco Basaglia autore della legge 180 sull’abolizione dei manicomi “Il manicomio non serve a curare la malattia mentale, ma solo a distruggere il paziente”. E visto che questo andazzo in Campania raddoppia la spesa sanitaria per servizi inappropriati creando un danno erariale senza precedenti, noi della Rete Sociale, i sindacati, altre cooperative o associazioni – tra le quali la Nuova Cucina Organizzata che ha divulgato la storia di Giggino – sporgeremo denuncia alla corte dei conti perché non ci stiamo più ad assistere inerti alle centinaia di storie come quella di Giggino.

Non ci stiamo più perché non è la “legge 180” che non funziona, ma una classe dirigente con una cultura manicomiale che se ne frega dei diritti e della dignità delle persone, duplica nuovi manicomi sotto falso nome e – con lo smantellamento dei servizi di prossimità territoriale – lascia sole le famiglie e gli utenti scaricando su di loro il peso delle malattie.
Eppure non tutta la politica sembra fregarsene.

Il 20 marzo 2025 il Consiglio regionale campano ha approvato all’unanimità proprio la mozione che elimina il vincolo temporale dei Progetti Terapeutici Riabilitativi Individualizzati (PTRI): ciononostante, la giunta ad oggi non l’ha ancora recepita. Non solo: il 27 luglio 2025 con sentenza n. 05543/2025, l’Asl di Caserta e la Regione Campania sono state condannate a proseguire un PTRI oltre i 3 anni in quanto “La vocazione di pianificazione e organizzazione del servizio nelle varie aziende sanitarie regionali, non può spingersi fino a imporre tempistiche e fasce di età, ex ante e in maniera vincolante”.

Una sentenza che – aggiungendosi ad altre evidenze giuridiche – fa presagire che anche la magistratura sembra orientata a far cadere questo muro di gomma di omertosi interessi.”

Firmato per La Rete Sociale
il presidente Serena Romano

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