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Benevento| Il Testamento spirituale di Mons. Serafino Sprovieri

Benevento| Il Testamento spirituale di Mons. Serafino Sprovieri

4 Gennaio 2018 | by Anna Liguori
Benevento| Il Testamento spirituale di Mons. Serafino Sprovieri
Attualità
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Riceviamo e pubblichiamo:

Nelle mani di Dio con Cuore Sincero

“Circa 88 anni di vita, 65 anni di sacerdozio, 40 anni di ministero episcopale come Vescovo Ausiliare di Catanzaro, Arcivescovo di Rossano-Cariati e Metropolita di Benevento. Mons. Serafino Sprovieri rassegna le dimissioni per limiti di età con lettera del 18 maggio 2005 al Santo Padre Benedetto XVI. Dal 21 al 25 novembre 2010, a 80 anni di età, partecipa ad un corso di esercizi spirituali guidati da Mons. Alfredo Battisti, Arcivescovo Emerito di Udine, sul tema della “Messa”, a Cetraro in provincia di Cosenza. Durante questi giorni di intensa riflessione e preghiera consegna la sua vita ancora una volta nelle mani di Dio e scrive con cuore sincero il suo testamento spirituale che Mons. Gianni Citrigno, nipote dell’Arcivescovo Sprovieri e attualmente Vicario Generale di Cosenza, mi ha fraternamente trasmesso, sapendo la filiale devozione e stima che ho sempre coltivato nei riguardi dell’Arcivescovo Serafino. Nel testo, scritto di suo pugno su un block-notes, con linguaggio asciutto, essenziale e limpido, emergono: la lode alla Trinità e alla Beatissima Vergine Maria per il dono della Vita, del Battesimo, del Sacerdozio e del Ministero episcopale; la gratitudine per la fede trasmessagli dalla famiglia d’origine; la formazione ricevuta nel Seminario minore di Cosenza e in quello Teologico di Reggio Calabria con la teoria dei nomi dei Superiori e Professori; la candida confessione per non aver saputo valorizzare tutti i talenti ricevuti inseguendo, invece, fatui entusiasmi per i fumetti e per la musica; dice di non aver conseguito alcuna specializzazione negli studi rimanendo a mezza strada, mentre tutti sappiamo la sua profonda e variegata perizia in molte discipline; dichiara, inoltre, la sua indegnità e smarrimento dinanzi ai doni del Presbiterato e dell’Episcopato; bravissimo rettore del Seminario diocesano di Cosenza e del Seminario maggiore di Catanzaro ma “incapace nell’arena difficile di Pastore, in un tempo di totale cambiamento”; un ministero episcopale fatto di continuo discernimento, cercando di potenziare il bene in ogni ambito, senza imbrigliare la Chiesa dentro un paradigma pastorale personale; la grande stima per i suoi Vescovi Calcara, Picchinenna e Selis; fuori dalle responsabilità ecclesiali si inabissa in un esame di coscienza così profondo che sa leggere le ombre anche tra mille luci; manifesta il rammarico per non aver scelto sempre “Dio solo” e per il bene difettoso compiuto; unica consolazione i centomila Santi Rosari, preghiera prediletta imparata a casa da mamma Francesca e dal coro compatto dei familiari; la totale consegna nelle mani di Dio mentre l’esistenza si avvia al tramonto; il distacco dai beni materiali e la gratitudine per il suo ex alunno Mons. Fausto Cardamone che in Cosenza gli ha messo a disposizione una canonica per gli anni della pensione. Merita una particolare attenzione il nome del Rettore del Seminario di Reggio Calabria, il gesuita Padre Salvatore Pezza, originario di Itri, fratello del dott. Michele Pezza, veterinario provinciale di Benevento, coniugato con Marianna Perrotti, nipote di Mons. Paolo Iacuzio, Vescovo di Sorrento, originario di Forino di Avellino. Michele e Marianna Pezza hanno regalato alla città di Benevento dodici figli stimati professionisti ed hanno offerto alla comunità parrocchiale di San Gennaro in Benevento una splendida testimonianza di fede. Una nota che sembra fuori testo ma racconta come la testimonianza del bene si irradia di generazione in generazione. Ed ecco finalmente il testamento olografo dell’Arcivescovo Emerito di Benevento Mons. Serafino Sprovieri:
«Signore Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, è giusto e doveroso renderti grazie davanti all’intera Corte Celeste, ai Tuoi piedi con la Beatissima Vergine Maria, che hai voluto darmi come Madre, perché i miei 80 anni sono stati un tessuto di doni! Ogni frammento della mia esistenza porta incastonata una Tua grazia, fin da quando appena nato mi hai segnato come Tuo “figlio” col Battesimo. Tanti hanno pregato per me; così i tormentati anni della adolescenza sono stati avvolti dalle fasce della Tua misericordia. Nonostante tanti marosi, non è venuta meno la vocazione, ma anzi è cresciuta, sfociando in un mistero intenso, in cui col Tuo aiuto ho cercato di fare un po’ di bene. Grazie anche alla mediazione di tanti bravi Sacerdoti, a cominciare dal mio Parroco D. Domenico Cassano e poi tutti i Superiori del piccolo Seminario prima e di quello Teologico dopo, in modo particolare P. Pezza, P. Peluso, P. De Tommaso, P. Carusone, P. Godino, e poi tanti professori, tra cui il prof. Sergi, il prof. Scopelliti, il prof. Perrone, il prof. Santoro, il prof Tenuta, ecc. Confesso, o Signore, di non aver valorizzato i Tuoi talenti, sciupandoli con entusiasmi fatui, come quello per i fumetti e poi anche per la musica. Non ho seguito una seria disciplina nello studio così mi trovo oggi in tutto (teologia, filosofia, scienze, letteratura, musica) a mezza strada. Comunque ho cercato sempre di regalare agli altri il meglio di me, e questo è stato un incentivo continuo. Mi hai voluto, nonostante la mia indegnità, Tuo Sacerdote e poi persino Tuo Vescovo. E’ stato per me una prova terribile, perché mi sentivo indegnissimo, mentre tutti affermavano che davvero era una “scelta dello Spirito Santo”! Quando fui ordinato Sacerdote da Mons. Aniello Calcara, che stravedeva per me, piansi di vergogna; ma egli mi volle suo Segretario e mi affidò tanti impegni (Parola di Vita, Premio Cosenza) gravosi. Quando poi Mons. Selis mi comunicò la nomina a Vescovo di Temisonio ed Ausiliare di Mons. Fares, mi sentii inabissato nella confusione. Un sentimento così profondo che alla fine dell’ordinazione episcopale non volli dire una sola parola! Mi sentivo come un intruso: sapevo fare – così mi pareva – così bene il rettore; perché buttarmi nell’arena difficile di Pastore, in un tempo di totale cambiamento? Il mio ministero episcopale è stato una continua improvvisazione, cercando di fare discernimento nelle varie realtà ecclesiali (Catanzaro, Rossano, Benevento) e potenziandovi il bene in tutti i modi. Riconosco che questo è stato un bene. Non bisogna imbrigliare la Chiesa dentro un paradigma pastorale, frutto delle idee personali. Bisogna lasciarsi guidare dallo Spirito. In fondo ho sempre cercato questo, tenendo presente l’esempio dell’unico vescovo sperimentato bene: Mons. Calcara. Ma il nucleo calcariano è stato arricchito dalla umiltà di Mons. Picchinenna e dall’umanità squisita di Mons. Enea Selis. Grazie, Signore, del bene che hai operato anche attraverso di me! Ma ora, fuori del fiume delle responsabilità ecclesiali, mi rendo conto delle cose mal fatte e soprattutto dall’aver avuto quasi sempre me stesso come fine secondario delle azioni: ho agito per la Tua gloria, ma purtroppo senza dimenticare la mia! Che peccato! Azioni ibridate da poca rettitudine! Se Dio è Amore, e l’uomo deve farsi amare, il vuoto nella mia vita deriva tutto dalla carenza nell’amore. Invece di scegliere Dio solo, con Lui ho cercato altra cianfrusaglia! Perdonami, Signore, tutto il male fatto e tutto il bene difettoso. Ascolta per questo il gemito ininterrotto del mio cuore, sia di giorno che di notte, rivolto a Te tramite la Vergine Santissima, con i centomila S. Rosari, l’unica preghiera mia, imparata a casa, dalla Mamma Francesca e dal coro compatto dei miei familiari. Signore, mi sono messo nelle tue mani per il tramonto della mia esistenza. Dopo la lettera di dimissioni del 18.05.05, ho lasciato il timone solo nelle Tue mani. Grazie, perché mi ha fatto sperimentare gli scogli… e così mi sono persuaso che non era oro ciò che luccicava. Proprio le sofferenze mi hanno aperto i ripostigli segreti, dove si annidava l’orgoglio! Ma nella Tua bontà mi hai aperto una cordiale accoglienza presso la Chiesa Madre: mi hai dato qui una casa dignitosa. Il mio ex alunno, Mons. Fausto Cardamone, con la sua gratitudine mi ha ferito il cuore. Sei di una Tenerezza infinita: non avevo pensato ad una casa mia; ci hai pensato Tu, nel modo più generoso immaginabile. Così nella mia povertà dispongo di ciò che nell’ultimo anno di episcopato a Benevento avevo messo da parte, con il fine di poter pagare un fitto in Cosenza, almeno per qualche anno, così da non essere di peso a nessuno. Mi trovo dunque con un po’ di soldi da lasciare in eredità ai bisognosi».

Mons. Pasquale Maria Mainolfi

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