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Avellino| Omicidio Gioia, i fidanzati non rispondono al gip. Fondamentale l’autopsia, appello del vescovo

Avellino| Omicidio Gioia, i fidanzati non rispondono al gip. Fondamentale l’autopsia, appello del vescovo

26 Aprile 2021 | by Redazione Av
Avellino| Omicidio Gioia, i fidanzati non rispondono al gip. Fondamentale l’autopsia, appello del vescovo
Cronaca
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Giovanni Limata ed Elena Gioia si sono avvalsi della facoltà di non rispondere all’interrogatorio di convalida dell’arresto, svolto questa mattina presso il Tribunale di Avellino davanti al gip Paolo Cassano e al pm Vincenzo Russo. I due fidanzati di 23 e 18 anni indagati per l’omicidio del padre di lei, Aldo Gioia, accoltellato nella sua abitazione di corso Vittorio Emanuele sabato notte e morto poco dopo all’ospedale “Moscati” restano in carcere a Bellizzi, in attesa del Riesame sulle misure cautelari. Secondo gli inquirenti e in base alle loro stesse confessioni, rese la notte stessa del delitto, la ragazza con la scusa di andare a buttare la spazzatura avrebbe incontrato il fidanzato, con il quale già era d’accordo, lasciandogli poi la porta dell’appartamento aperta. Il 23enne, lasciati nel seminterrato il giubbotto, dove è stata ritrovata la sua tessera sanitaria, e la custodia del coltello da caccia che si era portato, è salito e ha colpito al torace l’uomo che si era addormentato sul divano. Subito dopo, sorpreso dalla reazione del 53enne che comunque è riuscito a gridare, è scappato nella su casa di Cervinara dove è stato prelevato di lì a poco dalla polizia.

Per l’avvocato Mario Villani, che difende il ragazzo, gli esiti dell’autopsia saranno fondamentali per capire alcune dinamiche. Il resto, in realtà, è fin troppo chiaro con quanto è stato già acquisito agli atti del procedimento dalle indagini fulminee della Squadra Mobile della Questura di Avellino, agli ordini del vice questore Gianluca Aurilia. A Palazzo di Giustizia anche i fratelli della vittima e la sorella maggiore di Elena, Emilia, oltre alla madre, Eliana Ferrajolo. Queste ultime, secondo quanto ricostruito dagli investigatori attraverso i messaggi e le conversazioni telefoniche registrate, avrebbero dovuto essere uccise insieme al 53enne dipendente della Fca, rispettivamente padre e marito delle due donne presenti nell’abitazione la notte del delitto. Entrambe le famiglie sono ancora frastornate da quanto è successo e gli avvocati, Villani e Giovanni Cerino, che difende Elena, hanno avuto modo di parlare solo pochi istanti con i loro assistiti, in quanto hanno avuto l’incarico solo poche ore prima.

La presenza al Tribunale, degli zii di Elena, i fratelli del padre, la mamma e la sorella Emilia, dimostrano che la famiglia non ha abbandonato la ragazza. Per la madre, infatti, la 18enne è stata plagiata dal fidanzato.

Intanto, la tragedia di corso Vittorio Emanuele fa balzare Avellino sulla cronaca nazionale e la città si ritrova sulle prime pagine dei giornali e nei tg di Rai e Mediaset. L’omicidio di Aldo Gioia sembrava una modalità lontana dal potersi registrare nel capoluogo di provincia irpino che, però, ultimamente, tra inchieste per droga, estorsione e camorra, si sta riscoprendo tutt’altro che tranquillo. Gli inquirenti, però, stanno continuando a mettere insieme i tasselli del piano diabolico di Giovanni ed Elena, i due fidanzati che volevano uccidere tutta la famiglia di lei contraria alla loro relazione. L’ultimo messaggio nella loro chat “sto giù, quando scendi?”… conferma la tesi dell’accusa, in gran parte già pure confessata durante il primo interrogatorio. Al di là degli elementi raccolti, però, ci sono ancora alcuni lati oscuri della vicenda. Tra questi anche se il ragazzo, che ha lasciato giubbotto e fodero del coltello da caccia utilizzato nel seminterrato del palazzo, al civico 253, aveva qualcuno che lo aspettava per fuggire. O era arrivato e se ne è scappato poi da solo nella casa di famiglia di Cervinara.

E sulla drammatica vicenda si è espresso anche il vescovo di Avellino, Mons. Arturo Aiello: “Sento la città che è attonita in lacrime – dice – per un sangue che non si può nettare neppure con sostanze abrasive: riguarda tutti, chiama in causa tutti, singole persone e nuclei familiari, le istituzioni dello Stato e della Chiesa, i gruppi sportivi e quelli di danza, i giovani sul corso e quelli che stazionano, nonostante i divieti, dietro la Cattedrale o sotto i platani. Quel sangue mi chiama, ci chiama in giudizio, ci chiede conto. Siamo stati distratti da troppe cose, ma intanto i nostri figli crescevano, e con quali riferimenti? Hanno le idee molto confuse sul limite tra diritti e doveri, tra il bene e il male, tra l’immaginario e la realtà, tra lo schermo del pc e la vita vera, tra il sangue finto dei film e quello vero che scava crateri. Il sangue sulla città invoca prepotente un’alleanza educativa che veda impegnati tutti”.

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