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Avellino| Delitto Gioia, la testimonianza drammatica della moglie della vittima e quella lettera ricevuta dal carcere

Avellino| Delitto Gioia, la testimonianza drammatica della moglie della vittima e quella lettera ricevuta dal carcere

22 Dicembre 2021 | by Redazione Av
Avellino| Delitto Gioia, la testimonianza drammatica della moglie della vittima e quella lettera ricevuta dal carcere
Cronaca
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Nuova udienza questa mattina al Tribunale di Avellino nel processo che vede imputati Elena Gioia e Giovanni Limata per l’omicidio di Aldo Gioia, 53enne di Avellino ucciso a coltellate il 23 aprile scorso. Ascoltato il medico legale Carmen Sementa che ha eseguito l’autopsia sul corpo dell’uomo e ha confermato le 14 ferite riscontrate, 4 nella zona toracica e 10 tra braccia e mani. Poi è stata la volta della testimonianza della moglie della vittima, Liana Ferraiolo, e dell’altra figlia, Emilia (che riportiamo in sintesi).

Era un venerdì sera ed eravamo tutti in casa nelle nostre stanze, come da abitudine avevamo ordinato una pizza a domicilio”. Inizia così il racconto della moglie del 53enne. “All’improvviso – continua – sentimmo le urla di Aldo. Pochi secondi per raggiungerlo nel salone e rendermi conto della gravità delle ferite che presentava. Gli chiesi chi fosse stato, disse che non lo sapeva ma di stare attenta e guardare dietro la tenta. Emilia, che aveva chiuso la porta che era spalancata, cercava di tamponare le ferite, Elena era impietrita. Chiamai il 118 e il 113. Al Pronto Soccorso, poi, ai poliziotti che continuavano a tempestarmi di domande dissi che dovevano cercare Giovanni Limata. Aggiunsi che era di Cervinara. Pochi istanti uscì il medico e mi disse che Aldo non ce l’aveva fatta”.

Poi la signora parla del rapporto tra la figlia e il fidanzato e rivela un particolare.

Giovanni era stato protagonista di alcuni episodi di violenza nei confronti di Elena. Una volta mi disse che dormiva in un garage. Io e Aldo riuscimmo a farlo tornare a casa sua ma eravamo contrari alla relazione. Purtroppo, però, nonostante diversi allontanamenti, loro tornavano sempre insieme. Avevano un rapporto morboso e malato. Volevo denunciarlo e decisi che non avrei atteso più di un mese. Se nulla fosse cambiato sarei andata dai carabinieri”.

Infine la lettera dal carcere di Giovanni Limata: “Ho ricevuto anche una sua lettera dal carcere – conclude la signora Ferraiolo – in cui affermava che non era sua intenzione fare del male a me ed Emilia. E se avesse voluto, avrebbe avuto diverse occasioni per farlo”.

Infine la testimonianza di Emilia, che ha descritto i drammatici momenti della sera in cui il padre è stato ucciso confermando la versione della madre e definendo “tossico” il rapporto della sorella con il fidanzato. La prossima udienza è fissata per il 27 gennaio alle 9.30.

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