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Benevento| Vicenda mensa, metafora del presente

Benevento| Vicenda mensa, metafora del presente

4 Marzo 2017 | by Enzo Colarusso
Benevento| Vicenda mensa, metafora del presente
Politica
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“Vista la nota dell’Asl BN1-VSO  con la quale è stata rilevata la reiterata presenza di rifiuti derivanti dalla lavorazione stessa (contenitori di varia tipologia, imballaggi, rifiuti organici), posti alla rinfusa ed in cumuli, presenza di contenitori per rifiuti, vetusti e/o non più utilizzabili, abbandonati nelle aree esterne antistanti e retrostanti lo stabile che ospita il centro di produzione pasti in contrada Ponte Valentino, di cui è titolare la ditta Quadrelle; e considerato che la contiguità dei rifiuti al centro di produzione pasti ed il loro irregolare smaltimento può costituire motivo di contaminazione cibi e pericolo per l’igiene e la salute pubblica, con apposita ordinanza sindacale è stato disposto: che la ditta Quadrelle 2001 soc. Coop. debba provvedere alla rimozione e allo smaltimento ad horas dei rifiuti  e la sospensione immediata dell’attività di produzione pasti presso il centro sito in Benevento – Contrada Ponte Valentino – sino all’avvenuto espletamento di quanto disposto”. Sei battute e rotti per il “de profundis”. L’è proprio negher per il sindaco che non riesce proprio a trovare riparo in questo momento che definire confuso è davvero un eufemismo. Non c’è nulla che sia in grado davvero di governare con una certa quale tranquillità tanto che la soluzione della questione mensa sa quasi di liberazione per lui e la sua claudicante squadra di governo. In una sola botta, l’Asl e qualche manina “bruzia” ispiratrice li ha sollevati dallo sconcerto di una vicenda che effettivamente non poteva avere altra soluzione che la chiusura. Una questione ereditata dal passato, certo, ma gestita male anche per il fatto che proprio su di essa era stato imperniato uno dei capisaldi della vittoria di giugno. Il famoso centro di cottura, di cui era stato promesso il ripristino a Capodimonte, è rimasto lettera morta. E poi la scarna raccolta di adesione al servizio, 200 pasti serviti o poco più, ha fatto il resto. La rivalità tra Amina Ingaldi e Pina Pedà ha ingigantito i problemi. Mastella ha cercato di controllare i bollenti spiriti di entrambe usando il bastone e la carota, con Amina ha avuto maggiore severità, ma non è stato sufficiente anche perchè si sono innervate altre ragioni che chiameremmo di “carattere politico”; e qui si sfocia nella ingestibilità di una maggioranza che ei credea fosse nella sua disponibilità e che invece non lo è “manco pe gnente”. Sembra in crisi la proverbiale capacità mastelliana del compromesso, apodittica, che ha fatto la fortuna politica del sindaco. Quella “facultas” sembra essersi smarrita in soli nove mesi di governo di una città piccola ma complicatissima e con problemi paragonabili a realtà molto più grosse. In una parola, incapacità di guidare i processi, come ha sottilmente detto Nicola Sguera, ritenendoli aprioristicamente inaffrontabili e nei confronti dei quali si è fatto ricorso alla tradizione del proprio agire politico pensando di ovviare alla evidente incapacità di gestione delle cose. Il ritorno di Mastella per molti ha dato la sensazione di una ritrovata ecumenicità dei rapporti, il reingresso sulla scena di coloro posti ai margini dal decennale potere decarian-pepista. La verità è che nel frattempo gli appetiti sono diventati tanti, troppi, da governare. Anche per un uomo che a capo del partito dell’uno e mezzo per cento ha costituito il metronomo della politica nazionale per un decennio e più.

 

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