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Benevento| Coletta (CivicA): Il progetto di una ”forestazione” urbana solo una promessa

Benevento| Coletta (CivicA): Il progetto di una ”forestazione” urbana solo una promessa

25 Giugno 2021 | by redazione Labtv
Benevento| Coletta (CivicA): Il progetto di una ”forestazione” urbana solo una promessa
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Riceviamo e pubblichiamo notadi Luca Coletta esponente di CivicA Laboratorio Politico

Tra le boutade ascoltate nell’ultimo quinquennio, quella dei 300.000 alberi da piantare in 10 anni per combattere le polveri sottili è di gran lunga la migliore. Ispirata dall’eco mediatica del progetto milanese ForestaMi, finalizzato alla piantumazione di 3.000.000 di alberi, la promessa di forestazione urbana tarata sul più “realistico” numero di 300.000 esemplari beneventani illuminò la conferenza stampa di fine 2018 del primo cittadino, accendendo una speranza in coloro che da sempre sognano una città di livello vagamente europeo.  Per inciso, se una metropoli avanzata e complessa come Milano si è buttata anima e corpo sulla forestazione massiva e la valorizzazione arborea, vedi anche il progetto BAM, la battaglia per gli alberi non solo non è il passatempo romantico, irragionevole o fazioso tratteggiato dalla nostra amministrazione una volta ritornata sui suoi passi, ma è cosa giusta e necessaria.

Insomma, il sindaco in origine aveva avuto un’intuizione geniale. E infatti sarebbe grandioso un progetto ForestaBene per creare “cinture verdi” e riempire di alberi la città, specie nelle – ahinoi – numerose zone di nuova edificazione o maggiore densità edilizia, come previsto dalla Legge 10/2013, la più disattesa della storia, almeno da queste parti.

In verità però ci saremmo anche accontentati della “semplice” buona cura dell’esistente. Ma perché essere low profile quando la visione del futuro è netta e coraggiosa? Il problema è che dal 2018 a oggi deve essere successo qualcosa, dal momento che non solo degli 80/90.000 che in proporzione si sarebbero dovuti finora piantare non si è vista nemmeno l’ombra, ma contemporaneamente ha avuto inizio la più grande operazione di demonizzazione mai concepita prima. Tra un post su Facebook e una dichiarazione ai giornali, in ciò “conformandosi pienamente” all’art.6 (comma 1 lettera g) della Legge 10/2013 che stabilisce che gli enti territoriali adottano misure per la “sensibilizzazione della cittadinanza alla cultura del verde attraverso i canali di comunicazione e informazione”, il nemico del popolo si è delineato nitido all’orizzonte nelle sembianze del pino del viale degli Atlantici, e per simpatia di via Pacevecchia, per un totale di 350 piante diventate improvvisamente e – stranamente all’unisono – pericolanti.

D’altra parte a che pro fare analisi su alberi monumentali – ovviamente non censiti – e impiegare tecniche per abbassare radici o sopraelevare marciapiedi e sedi stradali, magari adoperando i materiali drenanti preposti, quando si può venir meno ai propri obblighi instillando nella popolazione la convinzione di vivere in grave pericolo ed eliminare così qualunque fastidio, recuperando al contempo un fondo europeo per un intervento a macchia di leopardo spacciato come restyling del Viale?

La paura è l’arma più potente che esista. Coerentemente con questa scuola di pensiero e con quella che prescrive un certo grado di sprezzo per i beni comuni, prima della madre di tutti gli abbattimenti, si è provveduto a capitozzare platani, tigli e catalpe – un po’ perché si è sempre fatto così, un po’ perché le mamme amano spingere carrozzine sotto il sole, un po’ perché ovviamente pericolosi – e a far sparire dalla Villa Comunale esemplari vari, brutalizzandone altri. Il tutto senza farsi mai venire il dubbio che tra lo status quo e Chernobyl ci sarebbero le cure e la manutenzione eseguite – udite udite – da personale capace di eseguirle, per il quale per legge il Comune dovrebbe creare appositi e adeguati percorsi formativi, oltre a elaborare i capitolati.

Comunque, a questo punto siamo curiosi di leggere, insieme alla Relazione di fine mandato, il Bilancio Arboreo che, sempre in base alla Legge 10/2013, tutti i Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono obbligati a redigere. In esso – previo l’obbligatorio censimento degli alberi presenti sul territorio comunale – il sindaco “indica il rapporto fra il numero degli alberi piantati in aree urbane di proprietà pubblica rispettivamente al principio e al termine del mandato stesso, dando conto dello stato di consistenza e manutenzione delle aree verdi di propria competenza”.

Tale bilancio deve essere pubblicato due mesi prima della scadenza naturale del mandato, quindi diciamo grosso modo ad agosto. Non vediamo l’ora di consultarlo, per poter scoprire quanti di quei 300.000 abbiano trovato dimora e a quali sapienti perifrasi si ricorrerà per dare conto dello stato di manutenzione delle aree verdi.

Per ispirarsi, l’assessore al ramo potrebbe, nei ritagli di tempo, dare uno sguardo ai bilanci arborei di altre città. Da quello di Firenze – visto che secondo lui l’abbattimento degli alberi non ha niente a che vedere con l’inquinamento da polveri sottili, probabilmente ancora troppo lieve a Benevento – potrebbe ad esempio apprendere che “tra le funzioni del verde urbano riconosciute e dimostrate su basi scientifiche, vi sono quelle di: mitigazione di temperatura, umidità e ventosità; depurazione dell’aria; attenuazione dei rumori; difesa del suolo; depurazione idrica; conservazione della biodiversità. In particolare gli alberi presenti in città sono un filtro naturale dell’atmosfera in quanto neutralizzano parte dei gas tossici presenti nell’aria dovuti a prodotti di combustione degli impianti di riscaldamento, fabbriche e autoveicoli, e inoltre trattengono le polveri. Interrompono la monotonia del paesaggio urbano e provocano sensazioni benefiche non solo per la salute fisica, ma anche per l’equilibrio psichico delle persone. Riducono i rumori, con le loro chiome ombreggiano, producendo un abbassamento complessivo della temperatura estiva e una piacevole sensazione di benessere.”

Una bella scoperta! Peccato non averlo saputo prima. Magari l’assessore avrebbe potuto evitare le solite dichiarazioni da cui traspare l’assoluta casualità della sua nomina, una nomina fatta più che “per fiducia” “sulla fiducia”.

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