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L’eredità di Mugione

L’eredità di Mugione

27 Maggio 2016 | by Enzo Colarusso
L’eredità di Mugione
Attualità
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BENEVENTO- Ieri il canto del cigno di Sua Eccellenza Andrea Mugione che dopo dieci anni va in pensione e si accomiata dalla Metropolia di Benevento presso la quale approdò nel giugno del 2006. Un discorso estremamente “politico” il suo, una sorta di cahier de doleances rivolto alla sua Curia alla quale non risparmia critiche con rari momenti di misericordia. In sostanza il messaggio rappresenta la summa della gestione Mugione, una conduzione della Diocesi con l’occhio costantemente rivolto al basso, raramente all’alto. “Avverto, ho avvertito e continuerò ad avvertire intorno a me affetto e tanta preghiera”, dice bonario l’Arcivescovo in un passaggio del suo saluto. Ma “tosto tornò in pianto” quando aggiunge: avrei desiderato il contraccambio da parte di tutti ma non ho mai sognato che tutti mi riamassero. Con la Grazia di Dio, la fiducia incondizionata nel Maestro, non mi sono scoraggiato, anzi, ho nutrito quella ferma speranza che anche dalla zizzania può nascere il grano e dal letame i fiori più profumati”. Mugione dipinge il tratto di una Curia divisa. Zizzania, letame fanno riflettere sulla vita interna alle Gerarchie che sappiamo essere attraversata da interessi non sempre concordanti e non sempre ispirati all’etereo. “Ho cercato di governare suscitando condivisione, convinzioni, collaborazione, consenso e comunione; convincendo, persuadendo e non prendendo da solo le decisioni”. E qui Mugione coinvolge nelle responsabilità l’intero apparato. Come a dire:non pensiate di scaricare su di me la totale responsabilità di quanto è stato deciso. Nello stesso tempo assolve il suo mandato. Eppure viene spontaneo chiedersi se l’obiettivo di questo messaggio sia una persona in particolare oppure no. Si sa che Mugione ha cristallizzato la vita della Curia bloccando qualche velleità episcopale di almeno un paio di alti papaveri. Cristino o Iadanza ma anche Pasquale Maria Mainolfi che di certo non soffrirà molto per la partenza del caivanese. E viene anche da chiedersi: che eredità lascia Mugione? Che Chiesa troverà Accrocca? Nel primo caso è possibile azzardare un giudizio. Lascia una Chiesa apparato, più dedita agli affari che al suo magistero. Una Chiesa immobiliarista sorda al richiamo degli ultimi anzi pronta a schierarsi con la forza quando si è trattato di difendere la proprietà privata minacciata da famiglie di disperati. Ad Accrocca il compito, non facile, di rifondare e d’altra parte la scelta di Papa Francesco di ripartire da un vescovo nominato per l’occasione è la risposta più chiara al bisogno di palingenesi che si impone. Don Felice non abiterà in Curia ma si andrà a sistemare al Seminario, una decisione strategica, osservatorio dal quale riorganizzare la nomenklatura. Supposizioni? Può darsi. Sta di fatto che esiste una certa effervescenza e che il 12 giugno si avvicina. Chi vivrà vedrà.    

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