breaking news

Dad, “Aivec” e “Tuteliamo i nostri figli” fanno ricorso alla Corte Europea contro lo Stato italiano

Dad, “Aivec” e “Tuteliamo i nostri figli” fanno ricorso alla Corte Europea contro lo Stato italiano

18 Febbraio 2021 | by Redazione Av
Dad, “Aivec” e “Tuteliamo i nostri figli” fanno ricorso alla Corte Europea contro lo Stato italiano
Attualità
0

L’A.I.V.E.C. (Associazione Italiana Vittime Emergenza Covid 19), con gli avv.ti Enrico Cataldo e Rocco Cantelmo, insieme al gruppo Facebook Tuteliamo i nostri figli in Campania che oggi conta circa 50000 iscritti di cui la docente Lia Gialanella ne è fondatrice, ha inoltrato il ricorso contro lo Stato italiano alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Si è ritenuto doveroso procedere in tal senso affinché venga affermata la tutela del diritto alla salute da qualsivoglia pregiudizio derivante dal Covid 19. Le istanze proposte alla magistratura amministrativa da parte dell’Aivec aventi ad oggetto la violazione del diritto di precauzione con riferimento al diritto alla salute in difetto di istruttoria non hanno ottenuto una risposta istituzionale. Si leggono, invece, numerose altre decisioni che militano in senso contrario e anche in tempi rapidi. È per tale ragione che l’associazione, anche con alcuni rappresentanti ha valutato di ricorre, contro lo Stato Italiano, all’organo giurisdizionale internazionale indipendente, Corte EDU, che ha lo specifico compito di giudicare in merito alle violazioni della convenzione europea (CEDU) anche al fine di ottenere un’effettiva tutela giurisdizionale.
Si costituiscono vittime dirette, poiché destinatari della normativa, l’associazione A.I.V.E.C. (Associazione Italiana Vittime Emergenza Covid 19), nonché oltre 100 tra docenti e alunni delle scuole, destinatari dei provvedimenti che si ritiene violino gli artt. 2, 3, 31, 35 CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, più precisamente violazione del diritto alla vita, dell’integrità della persona, del diritto di ogni lavoratore a ottenere condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose e alla protezione della salute.
La forzata ripresa delle lezioni in presenza, dopo che lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 aprile prossimo, costituisce grave violazione del principio di precauzione. Tale principio, sancito dall’art. 174 paragrafo 2 del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea, nonostante l’approccio precauzionale sia stato ampiamente utilizzato in politica e più in generale nella gestione dell’ambiente, può essere invocato anche nel caso di specie. In sintesi, la richiamata norma dispone che il principio di precauzione può essere invocato ogni qualvolta ci si trovi di fronte a un intervento urgente o a un possibile pericolo per la salute umana, ovvero di fronte alla protezione dell’ambiente nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio, come nel caso in esame. L’Oggetto del ricorso riguarda la mancata concreta attuazione da parte dello Stato Italiano del principio di precauzione nella parte in cui, nel vari DPCM emessi con riferimento alle misure per il contenimento del COVID-19, non dispone che l’istruzione avvenga attraverso la didattica a distanza ma in presenza.
Dalla dichiarazione dello stato di emergenza si sono susseguiti oltre 25 DPCM adottanti misure di emergenza epidemiologica da covid-19, finalizzate al contenimento della diffusione del virus. Mentre all’inizio della pandemia, coerentemente con i dati forniti dall’OMS veniva disposta la didattica a distanza, con evidenti risultati di abbassamento della curva epidemiologica, dal mese di ott./nov 2020 nonostante i dati dell’O.M.S. erano pari a quelli di marzo 2020, incautamente si disponeva il rientro nelle scuole e di qui l’innalzamento logaritmico della curva epidemiologica, come era facilmente prevedibile. In particolare il decreto legge del 23 febbraio 2020, n. 6 a cui i successivi hanno fatto seguito trovano origine tutti nell’adozione di misure precauzionali in assenza di evidenze scientifiche. Ogni argomento è chiuso se si pensa che anche il diritto allo studio garantito dalla carta dei d.u. avrà piena attuazione proprio con la didattica a distanza (DAD)e nel contempo viene tutelato il pari diritto alla salute art. 2 e quello ad una sede di lavoro sicura art. 31.
I risultati scientifici attuali impongono l’adozione della misura della DAD assolutamente coerente agli interessi della collettività
È ragionevole ritenere che le disposizioni legislative richiamate afferenti le azioni della Pubblica Amministrazione, assunte in fase della epidemia da COVID 19 non tutelino la salute pubblica in aperta violazione dell’art. 2 e 31 della carta dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali dell’UE, e non sono conformati sull’applicazione del c.d. principio di precauzione.
Così facendo lo Sato Italiano si è esposto ad uno scenario di azioni risarcitorie da parte di privati che dovessero subire lesioni nella sfera dei diritti personalissimi e fondamentali.
Della diffusione del COVID 19, l’intera popolazione ha avuto notizia solo con le drammatiche risultanze che hanno messo tutti a dura prova. Sulla base delle conoscenze fondamentali della scienza che si occupa della materia, intorno al COVID19 vige tuttora un largo margine di ignoranza, tanto è vero che lo stato Italiano non è riuscito a prevederne col giusto anticipo il grado di diffusione, di incidenza, di mortalità e di reattività da parte dei singoli e delle comunità.
Così, la pandemia e gli indici si sono nuovamente moltiplicati dopo la riapertura delle scuole.
Con l’azione di provvedimenti che mitigano un serio problema è indispensabile che l’impianto legislativo per il futuro sia conformato al principio di precauzione fino a quando l’intera popolazione non abbia ricevuto la vaccinazione da COVID19 perché l’”emergenza” è cosa chiara dai pareri della comunità scientifica.
L’impegno del Ministero dell’Istruzione al contrastare il diffondersi del virus covid-19 è chiaro nella nota del 9.11.2020 nella parte in cui nel disporre il piano DID recita: “[…] modalità a distanza, fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, dovuto al diffondersi del virus covid-19. La presente nota i cui contenuti sono stati condivisi dalle predette organizzazioni sindacali dunque aggiorna le precedenti […] detti piani DID diventano immediatamente operativi per ogni grado scolastico del primo e del secondo ciclo di istruzione, ogni qual volta ne ricorra la necessità come ribadito dall’art. 1 co. 1 del c.c.n.i. DID al fine di garantire il diritto allo studio di ogni alunno”. Il numero crescente dei decessi e dei contagiati è ineccepibile anche se i dati ufficiali per effetto della gestione tardiva dei tamponi non ci pone in condizione di conoscere in tempo reale l’indice epidemiologico ma resta di fatto che l’apertura delle scuole e degli indotti ad esse collegati hanno incrementato contagi che durante il periodo di chiusura delle scuole e nonostante la libera circolazione tra le regioni hanno generato dati sostanzialmente contenuti.
Nel sistema normativo italiano il diritto allo studio non può essere scisso dal diritto soggettivo alla salubrità e sicurezza ambientale e del diritto a vivere in salute. La riapertura delle scuole non è in linea con quanto dichiarato dalla OMS e dai medici ospedalieri che denunciano gravissime difficoltà esecutive.
Tale diritto alla tutela della salute è la diretta derivazione del più ampio diritto alla vita previsto art. 2 Carta Europea dei diritti fondamentali, in senso assoluto ed immediatamente precettivo e prevalente e va affermato in via prioritaria ogni volta che la scienza non dà risposte sicure sulla totale ed assoluta innocuità degli effetti prodotti come quella che della eccezionale pandemia da COVID-19.
Alcune nazioni come la Germania hanno affrontato e coordinato la norma interna nel più ampio interesse della popolazione accordandola al rispetto delle norme della carta dei diritti dell’uomo ma l’Italia invece sembra aver conferito un prevalente interesse economico, posto che i primi D.P.C.M. confrontati ai dati dell’O.M.S. sul punto erano rigorosi, ma ciò non avveniva per gli ultimi nonostante gli stessi dati dell’O.M.S, considerando l’aspetto economico prioritario rispetto a quello più importante del diritto alla salute.
La didattica in presenza, seppure costituisca fuori di dubbio il migliore dei metodi di insegnamento, in una situazione così emergenziale come quella che stiamo vivendo dell’attuale pandemia è purtroppo fonte di gravi rischi per la salute degli stessi studenti ma anche delle loro famiglie. Il diritto alla salute costituzionalmente garantito non incide solo sull’individuo ma è anche a protezione della collettività alla quale deve essere garantita la sicurezza sul posto di lavoro, negli ambienti pubblici in generale e quindi nelle scuole. E’indispensabile che venga garantita alla popolazione tutta ed in particolare a tutti gli studenti e docenti il miglior stato di salute tenuto conto delle conoscenze attuali, ove lo Stato in primo luogo è tenuto a dotarsi di un sistema sanitario in grado di reagire adeguatamente ai rischi che sono controllabili ed evitabili dall’uomo. Gli indicatori statistici più significativi, adottati per tale valutazione dal Comitato Europeo rilevano un tendenziale progressivo peggioramento a livello mondiale e nazionale tranne brevi lassi di tempo con scarti trascurabili e pertanto emerge concreto il dovere dello Stato, tenuto ad adottare le misure efficienti ad abbassare tale tasso avvicinandosi allo 0 come chiesto dall’A.I.V.E.C. nelle pregresse istanze giudiziarie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *