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“Suicidi in carcere, solo punta di un iceberg”: Rete Sociale aderisce alla manifestazione di giovedì

“Suicidi in carcere, solo punta di un iceberg”: Rete Sociale aderisce alla manifestazione di giovedì

16 Aprile 2024 | by redazione Labtv
“Suicidi in carcere, solo punta di un iceberg”: Rete Sociale aderisce alla manifestazione di giovedì
Attualità
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In Italia si spendono soldi per rifare le facciate dei palazzi, ma non si investe un euro nelle carceri per evitare il sovraffollamento o per migliorare le condizioni igienico-sanitarie. Così, da inizio 2024, sono 74 i morti “in carcere o di carcere”: comprese le guardie carcerarie.

E’ la punta dell’iceberg di una “situazione disumana e degradante” in cui – come ha dichiarato Samuele Ciambriello, portavoce nazionale della conferenza dei garanti e garante dei detenuti della regione Campania – “i luoghi detentivi sono considerati una discarica di esseri umani, anziché luoghi di riabilitazione”.

E proprio per iniziativa dei Garanti regionali, provinciali e comunali, si terrà in contemporanea in tutt’Italia, un momento di riflessione sulle morti in carcere il giorno 18 alle ore 12:00 a un mese esatto dalle dichiarazioni del Presidente della Repubblica sugli interventi urgenti da fare per l’emergenza suicidi.

La Rete Sociale ha aderito alla manifestazione – insieme al garante per la provincia di Benevento, alla Camera Penale e ai Giuristi Democratici di Benevento – perché il tema ci tocca particolarmente e rivela aspetti sconcertanti. A cominciare da quello che non servono più carceri per evitare il sovraffollamento, ma gestire diversamente quelli che ci sono.

A cominciare dall’applicare le misure alternative al carcere o gli arresti domiciliari: utilizzando, per esempio, i braccialetti elettronici per controllare i detenuti. Molti “dimittendi”, poi, finiscono per rimanere in carcere non avendo fuori né casa, né lavoro.

Bisognerebbe incentivare una cordata fra imprenditori per assumerli sfruttando gli sgravi fiscali: ma anche il carcere dovrebbe prepararli a lavori utili nel 2024. Una novità del carcere femminile di Benevento sono i corsi di operatori socioassistenziali e per l’infanzia, spendibili fuori.

Ma ci sono altri protocolli possibili: come una convenzione con le grandi firme per il taglio degli abiti; la partecipazione a corsi di primo soccorso; a mostre d’arte per chi ha vocazione artistica, ecc.

Quanto alle attività ricreative, sono ristrette a poche ore: a Benevento, solo fra le 15 e le 17 perché le guardie carcerarie sono poche – rispetto a una popolazione di 450 detenuti, sui 250 previsti – e addette anche ad altre incombenze. Risultato: dalle 18 in poi, nonché il sabato e la domenica, non si fa nulla e scende sul carcere un silenzio tombale, opprimente.

Eppure basterebbe consentire in questi orari le visite dei volontari o una telefonata. In carcere, infatti, i cellulari sono vietati: ma visto che le telefonate le paga il detenuto, perché autorizzarle con il contagocce? Una telefonata in un momento di sconforto può salvare una vita. Così come il colloquio con il magistrato di sorveglianza o un familiare tramite “zoom” nell’aula multimediale di cui Benevento è dotata.

Ci sono, dunque, dappertutto problemi di facile soluzione, ma che rendono la vita insopportabile a chi è rinchiuso per la maggior parte della giorno: come lavarsi. Manca l’acqua calda d’inverno, perché gli impianti (vecchi) non sono adeguati al numero di docce che sono aumentate.

Mancano spesso condizionatori e ventilatori d’estate per cui il carcere si trasforma in un inferno dantesco. Ma ci sono anche problemi vitali, come curarsi.

Le sedie da dentista spesso sono obsolete, dotate di attrezzi di prima necessità, ma non per fare, per esempio, una cura canalare: perciò ci sono detenuti che non possono mangiare perché hanno perso i denti. Per una visita oculistica si aspettano 7-8 mesi: nell’attesa c’è chi è diventato cieco.

Quanto a psicologi o psichiatri, a Benevento c’era un’articolazione di 6 posti: ma è stata chiusa.
Insomma a ragione siamo stati condannati più volte dall’Europa per la disumanità con cui trattiamo i detenuti. Basterebbe guardare alla Spagna: lì ci sono piscine, teatro, sala per lo yoga e per il culto di ogni religione, e una stanza con schermo gigante per la telemedicina dove un medico h24 può capire se un detenuto sta male e inviarlo in ospedale.

Lì nessuno muore in carcere. Non solo: ci sono le “stanzette per l’amore” con bagno privato e senza video sorveglianza, dove il detenuto non perde il diritto all’intimità, all’affettività o ad avere un figlio, e non rischia di finire vittima di omosessualità e violenza come accade da noi.

Risultato di questa politica carceraria che riabilita veramente chi ha sbagliato: a Madrid hanno chiuso due carceri per mancanza di detenuti.

 

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