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Mercogliano| Per l’ultimo saluto a Roberto oltre 1500 persone. Il vescovo Aiello: siamo tutti colpevoli

Mercogliano| Per l’ultimo saluto a Roberto oltre 1500 persone. Il vescovo Aiello: siamo tutti colpevoli

14 Gennaio 2023 | by Redazione Av
Mercogliano| Per l’ultimo saluto a Roberto oltre 1500 persone. Il vescovo Aiello: siamo tutti colpevoli
Cronaca
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Per l’ultimo saluto a Roberto Bembo la chiesa dell’Annunziata e San Guglielmo a Mercogliano e il suo ampio piazzale sono gremiti. Così come i marciapiedi e l’intera strada, via Amatucci, che in occasione del rito religioso il sindaco, Vittorio D’Alessio, in prima fila, ha opportunamente fatto chiudere al traffico. Oltre 1500 persone hanno atteso in un silenzio surreale l’arrivo della bara del 20enne, morto dopo 10 giorni di agonia in seguito alle 4 coltellate ricevute a capodanno, in seguito ad una banale lite. Dietro il carro funebre i familiari. Dolore e lacrime stampati sui loro volti: il papà Gerry, la mamma Cinzia, il fratello e la sorella, Giova e Anita. Così come su quelli dei parenti e degli amici. Tantissimi. Quelli del quartiere, del servizio civile, gli ex compagni di scuola. Per tutta la cerimonia, tutti hanno sofferto in silenzio. Un silenzio interrotto solo da due lunghissimi applausi “all’arrivo” e “alla ripartenza” di Roberto. Davanti alla chiesa un enorme striscione per salutarlo “Non è un addio brilla amico mio… Ciao Bembò”. La messa concelebrata dal vescovo Mons. Arturo Aiello, l’Abate di Montevergine Padre Riccardo Guariglia e il parroco Don Vitaliano Della Sala, ha visto la partecipazione, tra gli altri, anche delle fasce tricolori di Avellino, Gianluca, Festa, Monteforte, Costantino Giordano, e del consigliere comunale di Ospedaletto Salvatore Cassano delegato dal sindaco Antonio Saggese. C’erano anche Michelangelo Ciarcia e Lello De Stefano, attuale e precedente vertice dell’Alto Calore, azienda per la quale lavora il papa di Roberto, tecnico stimatissimo, capace e disponibile. Ampia la rappresentanza anche dei suoi colleghi, così come di tantissimi membri della comunità, che ha osservato una giornata di lutto cittadino. Sulla bara rose bianche, simbolo di candore e da questo è partita l’omelia del vescovo Aiello che si è rivolto ai giovani presenti.

Siamo tutti in qualche maniera colpeveli, in quota parte, di quello che è accaduto – ha esordito il prelato – siamo tutti responsabili di tutto diceva don Lorenzo Milani. Vi chiedo anticipatamente scusa se non mi rivolgo a voi – ha continuato guardando la famiglia Bembo – che più di tutti state soffrendo per questa tragedia, ci riserveremo altre occasioni per parole di speranza. Adesso, però, scelgo di rivolgermi a tutti i ragazzi presenti, affinché non si vanifichi questa morte che è drammatica ma lo sarebbe ancora di più se si passasse al prossimo. Tutti noi rappresentanti delle istituzioni e delle agenzie educative dovremmo fare un atto penitenziale perché quanto è successo è colpa nostra. Noi cari giovani non abbiamo saputo raccontarvi cos’è la vita. La gioia di bere un bicchiere di vino senza ubriacarsi. Di divertirsi senza eccessi. Di incontrare persone guardandole negli occhi e non su un profilo facebook. Non siamo riusciti a raccontarvi la vita nelle sue espressioni più belle. Noi cari giovani non abbiamo saputo iniziarvi alla vita”.

Le parole del vescovo risuonano dentro e fuori la chiesa e lasciano attoniti. Il suo ammonimento è trasversale, e parte dagli adulti, dagli amministratori, dai rappresentanti delle istituzioni, delle scuola, e perché no della stessa chiesa. Nessuno è riuscito ad intercettare un disagio giovanile che a Mercogliano è ormai esploso fragorosamente e i giovani ne sono sia le vittime che i carnefici. “Per voi – ha incalzato – gomorra è un idolo, siete affascinati dalla violenza che apprendete dai film, dalle letture, persino dalla musica che ascoltate. E così si formano quelle piccole gang che si contendono il territorio. Ma anche questa è guerra, la stessa che lamentiamo sul piano internazionale da circa un anno ce l’abbiamo nelle nostre strade. Non svendete al primo Lucignolo la vostra vita. È possibile che da questa morte che si è portata con sé tanti sogni nasca una nuova coscienza civica, con al centro il rispetto dell’uomo. Quando andrete a casa gettate via le armi in vostro possesso, non pensate ad una controffensiva, sarebbe un modo per non onorare questa morte”. Infine, da Mons. Aiello un appello alle istituzioni, affinché possa nascere un centro d’ascolto in ricordo di Roberto.

Poi tocca al sindaco D’Alessio che chiede giustizia “perché – ha affermato – chi provoca la morte di un ragazzo di 20 anni per futili motivi deve essere punito in maniera esemplare, affinché sia di lezione a tutti”. In ultimo gli amici ne ricordano la grande forza di volontà, la sensibilità e la disponibilità. “Non ti dimenticheremo mai – hanno detto dall’altare – resterai per sempre nei nostri cuori”. All’uscita della bara palloncini bianchi al cielo e una sensazione di vuoto enorme, nonostante le centinaia di giovani, molti dei quali hanno scortato in corteo Roberto fino al cimitero di Torelli. Fino alla fine, con le lacrime agli occhi e la pena nel cuore, per dire arrivederci al loro grande amico dagli occhi buoni.

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