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Benevento, alla “F. Torre” una testimonianza di coraggio da una giovane rifugiata dall’Afghanistan

Benevento, alla “F. Torre” una testimonianza di coraggio da una giovane rifugiata dall’Afghanistan

28 Marzo 2023 | by Domenico Passaro
Benevento, alla “F. Torre” una testimonianza di coraggio da una giovane rifugiata dall’Afghanistan
Attualità
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L’Istituto comprensivo “Federico Torre di Benevento” ha ospitato nella mattinata di ieri, in una tavola rotonda promossa dal Dirigente scolastico, prof. Edoardo Citarelli, la rifugiata afghana Omulbanin Baturi, accompagnata dalla psicologa Valentina Pinto e dalla sociologa Dalila Calzone, delegate della equipe Multidisciplinare del SAI di Reino, gestito dalla Cooparativa Medihospes onlus. Nel corso dell’incontro sono intervenute anche Elide Apice, Consulta delle Donne del Comune di Benevento, e l’assessore alle politiche scolastiche del Comune di Benevento, Maria Carmela Serluca.

Motivata e attenta la platea di alunni ed alunne (delle classi seconde della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto), che hanno posto una serie di  domande pertinenti sui diversi modi di vivere dei giovani nelle due diverse realtà geografiche, lItalia e lAfghanistan, e si sono confrontati, attraverso le parole dell’ospite, con la dura realtà della dittatura integralista costituita dal regime dei Talebani in Afghanistan, che di fatto annienta la vita delle donne di quel Paese, obbligandole ad uscire solo se in compagnia di un maschio delle propria famiglia ed impedendo loro di svolgere qualsiasi attività che esuli dalla vita da casalinghe. Prima dellarrivo dei talebani, Omulbanin, giovane donna di 18 anni, aveva un tenore di vita sostanzialmente simile a quello occidentale, frequentava la scuola, praticava sport (giocava in una squadra di calcio femminile), lavorando part time perfino come speaker radiofonica. Diritti acquisiti nei 20 anni precedenti di democrazia, improvvisamente aboliti, con la presa del potere del regime talebano, il 1. settembre del 2021. Da qui la necessità di emigrare e la casualità di un arrivo in aereo a Roma, prima di essere “smistata” al SAI di Reino (Bn). Quattro i suoi familiari arrivati insieme a lei (due sorelle, un cognato ed un nipotino di appena 3 anni), ma il resto della famiglia (i suoi genitori ed altri 6 fratelli) ancora in Afghanistan, dove vorrei ritornare, ma solo quando nel Paese si ristabilirà un Governo democratico”, dice, mentre un velo di malinconia traspare dai suoi occhi.

Coraggiosa e determinata, Omulbanin Baturi è una delle voci delle donne dimenticate in Afghanistan, una voce che speriamo e le auguriamo la porti lontano e la riporti (in un futuro non molto lontano) nel suo Paese finalmente libero.

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